giovedì 12 dicembre 2013

Picking Flowers #1

Quando ero piccino volevo suonare la chitarra.

Quando ho imparato a suonare la chitarra mi chiedevo come fosse possibile scrivere una canzone.

Fu così che, bevendo un caffè al bar, ho conosciuto una persona che, con la sua borsa da calcio in spalla, mi ha cambiato la vita per sempre, dandomi l’input di cui avevo bisogno per trasformare la massa informe di informazioni contenute nella mia mente in accordi, parole e melodie.

Quando ho imparato a scrivere una canzone, mi chiedevo come fosse possibile trasmettere emozioni. E la risposta è: bisogna viverle,  devono essere forti, ma soprattutto, SINCERITA’.

Crescendo con mio padre sempre attivo ai fornelli di casa, nonostante l’enorme mole di lavoro pendente sulle sue spalle al di fuori delle mura domestiche, ho scoperto che la cucina è prima di tutto amore, poi sincerità, poi sacrificio, socialità ed infine gusto.

Allora ho deciso di diventare un cuoco. Volevo fare del bene alle persone, e l’ho fatto, ma l’energia non si crea, si trasferisce. Ed è così che, nel bene, ho finito col farmi del male.

Poi un giorno la gente ha cominciato a farmi questa domanda: “ma tu, perche vuoi fare il cuoco?” . Me l’hanno fatto in Nuova Zelanda, me l’hanno fatta in Australia, me l’hanno fatta a Parma, a Barolo ed infine a Trieste. Ogni qualvolta dovevo rispondere a questa domanda, la risposta andava complicandosi e diveniva sempre più confusa e astratta. L’ultima volta che un buon amico mi ha fatto questa domanda la risposta è stata: “non ne ho la più pallida idea! Ma intanto passami quella cazzo di salsa sennò la fuori succede il finimondo e finiamo col rovinare la reputazione del ristorante, questi ci mangiano vivi !!”.

Amo parlare con la gente. Amo guardare la gente negli occhi. Amo sentire l’energia che unisce le persone in un unico nucleo, fatto di emozioni pure (non per forza allegre e spensierate), vibrazioni e sincerità. Amo suonare la chitarra, cantare, parlare, trasmettere e ricevere.

Fu così che un giorno, grazie alla notizia improvvisa sulla disponibilità di una camera a Berlino per 2 mesi, io e la mia sorellina, in arte Galeb and the Seagull, siamo partiti alla conquista dell’ignoto, le strade di Berlino, lei con il magnetismo che la contraddistingue, la sua vocina soave, e il suo portamento naturalmente elegante, io con le mie creazioni e la mia chitarrina rossa e un piccolo amplificatore a batteria. Sono stati 6 mesi di emozioni forti, grandi scoperte, grandi amicizie, grandi fallimenti e grandi successi, come del resto lo sono stati i 27 anni precedenti.

Ma questa volta è stato più forte, o forse sono io che sono cresciuto, mantenendo però il sogno di volare.
Ho passato gli ultimi 4 anni della mia vita a cambiare vita, continente, amici, e abitudini ogni 6 mesi.

Fate voi il conto.

Ora sono stanco. Sono stanco di cambiare, sono stanco di salutare (gli abbracci che ricevi dagli amici che lasci, con le lacrime nascoste dall’orgoglio fanno male come la stretta di un pitone, a mio vedere..), sono stanco di ricominciare, di reinventarmi e di essere frainteso.

Ho arato il terreno, l’ho concimato con quel che avevo, non ho mai tenuto nulla per me, perché credo che la generosità sia la cosa che contraddistingue l’uomo dalla macchina, il bene dal male.

Ho seminato, dove il terreno era fertile, e dove non lo era. Ora so che è troppo presto per raccogliere i frutti di questo lavoro, perché come mi insegna una vecchia canzone, “per fare il frutto ci vuole un fiore”. E i fiori sono belli, sono colorati, profumati, saporiti!

Allora ho deciso di registrare “Picking Flowers”. Mi sono seduto davanti al microfono,  Deko ha premuto REC, era il mio momento per tirare fuori, in un pomeriggio, tutto quello che sapevo sui fiori, l’amicizia, la fantasia, la delusione, l’amore, la speranza e la nostalgia.

“Picking Flowers” suona come le strade di Berlino, i bar di Trieste, le colline piemontesi, la pianura padana, le cucine di mezzo mondo, la campagna neozelandese, il mare croato, Melbourne ecc..ecc…

A quel punto per me cominciava una nuova vita. E chissà forse non solo per me.

Quel giorno ho cominciato a raccogliere fiori e ho deciso di non fermarmi fino a che non vedrò spuntare la frutta.

Magari un giorno avrò abbastanza frutta da mangiare e riuscirò pure ad ingrassare di qualche chilo… che non mi farebbe male. Magari non troverò la frutta nella musica. Magari si.

“Picking Flowers” è il frutto del lavoro di tante persone, io ho fatto il meno, ho preso le emozioni e le storie, le ho filtrate attraverso le mie dita e le mie corde vocali, e basta. Di tutti coloro che hanno dato vita a questo piccolo grande lavoretto racconterò,
con la dovuta calma, 
nei prossimi post.

TO BE CONTINUED …


Galeb.

sabato 7 dicembre 2013

muri e sopracciglia



Una volta sono andato a riposarmi in montagna, da un amico, ci siamo divertiti, rilassati lui ha risolto molte cose che andavano risolte in quei giorni e io ero felice per lui. Io ovviamente cercavo me stesso come al solito, cercando di dare una direzione alla mia esistenza tormentata. Abbiamo costruito un muro di neve enorme che copriva tutto il piano terra dalla strada. Senza un motivo valido. È stata una fatica notevole. Zen. Poi con la fine dell’inverno si sarebbe sciolto. Su quel muro ho scritto una canzone, poi, mesi dopo, mi sono ritrovato in pianta stabile davanti al muro di berlino, uno dei muri più famosi al mondo a cantare canzoni che parlano di libertà, pace, natura, giovinezza e animali e muri.

Io corro, lei tira in dietro. Io sono ansioso, lei possiede la calma cosmica.
Io “mmh..”,
Lei  “si??”,
Io  “no, sai, forse, pensavo, che potresti provare a camminare, solo un po’ più veloce =D =D=D…”                
Lei  “HMMMM…”
Io  “No!...intendevo..cioè..”
Lei  “VAFFANCULO!”
Io   “Scusa”.

Ho detto che con la pazienza sto imparando mica uno può raggiungere subito livelli eccelsi, così, di colpo. Mentre credo di poter dire invece che è facile perderla. La pazienza.

In qualche modo, tra io che voglio un succo e lei che non me lo vuole comprare, arriviamo al muro. Ci sediamo sotto l’albero con i nostri rifornimenti molto poveri, acqua e qualche schifezza dolce, ultima sigaretta. Si va a lavorare. Parliamo d’altro, i compiti nel montaggio del palcoscenico sono ormai definiti da tempo. Tutto pronto. Lei continua a provare a svegliarsi del tutto a tre ore dall’effettivo risveglio. Io accordo la chitarra inaccordabile a 60°C sotto il sole. 
Occhiali da sole, armonica, si alzano i sipari. Tutto è perfetto, dvanti a noi c’era già della gente seduta. Qualcun altro passando curioso della coppia aspetta “pazientemente”(…ancora)l’inizio del nostro set. 
Parto con “Day by Day”, forse a gaia non l’ho neppure avvisata. 
Arpeggino iniziale, giusto al 60/70% solito standard. Adesso andiamo sul coretto e li convinciamo tutti a comprare il cd! BAM! 
Io sto cantando la strofa e lei il coretto, lei mi guarda, io la guardo,è un istante che dura un eternità ma finisce subito. E poi è un casino. Torno rovinosamente sull’accordo iniziale, e ricominciamo indecisi sul coretto. Ora bisogna pensare solo a recuperare il pubblico. Stiamo cantando, mi giro verso di lei, e vedo..vedo..IL SOPRACCIGLIO che esce dalla parte alta degli occhiali da sole.

Alcune donne tendono le labbra, altre si tirano le dita, altre girano il collo come dinosauri inferociti. Certe alzano solo un sopracciglio. 

È una questione di stile. 

Credo. 
Listen to Day By Day #galebseagull

nei prossimi giorni, nuovo album, nuovo video, nuovi concerti e nuovi post per #galebseagull
Galeb.

mercoledì 20 novembre 2013

Galeb e gli avanzi del mercato #1

Il mercato che si svolge 2 volte alla settimana su Maybachufer lungo il fiume a Neukolln, Berlino, è una bella situazione, è, a mio parere, uno dei migliori punti di incontro delle diverse culture che coesistono in questa città. Le bancarelle si intervallano tipo: turco che vende frutta e verdura, braccialetti cileni, ravioli italiani, coltelli thai , spremute di frutta fresca…
 È pieno di bambini,  di colori, di turchi che urlano, anche di gente annoiata che non vende niente. C’è di tutto.

Anche oggi è finita, cala il buio sul pontile tra il mercato e il fiume, sono rimasto solo io, lascio in custodia il mio fido sound system alla ragazza che vende mele cotte( se passate al mercato, da provare!). Devo comprare del cibo per una cena con amici. Sono in un mercato… Elementare Watson!!  Parto. Cerco funghi ma non li trovo, cerco il riso ma non lo trovo, contratto fino all’ultimo sangue per dei carciofi orribili, verdure per il brodo, erbe. Trovo i funghi, quelli noiosi…

Se uno si mette in un angolo, all’entrata del mercato vedrà entrare e uscire delle persone che non si fanno notare. Bisogna cercarli. Alcuni sono molto vecchi, alcuni meno. Certi sono zingari, altri no. Fin quando non ti tirano la manica o ti chiedono se hai finito il drink,per avere la bottiglia, non ti accorgi che ti sono arrivati di fianco. Spesso però comunicano tantissimo con lo sguardo, ma non sai mai se è il riflesso di tutte le persone a cui ha chiesto qualcosa che gli è rimasto fisso negli occhi, oppure un effettivo messaggio diretto a te.. cmq mi stanno simpatici, sono persone che spingono fino in fondo con tutte le loro forze, sopravvivere può essere dura per un vecchio squattrinato in una metropoli. Specialmente al nord.
“Ciao ragazza delle mele! A venerdì”. Adesso sono diretto a trovare del riso con cui farò il famigerato “risotto di funghi noiosi e carciofi schifosi”. A Berlino trovare del riso da risotto è come cercare la vena romantica nella musica dei Korn..                                                                                                              Ora non ho più chitarra, carrellino, asta e sacco legato sopra, ho anche tre borse di verdura! Sarà una lunga passeggiata .  Faccio tre metri quando dall’ombra si illuminano due occhioni. E vedo, al buio, sotto ad un albero, un vecchio signore, forse vecchissimo, che mi propone, parlando in un tedesco che, secondo me, non capirebbe neppure un tedesco, delle borse piene di roba. Dentro ci sono foglie di cavolfiore. Tante foglie di cavolfiore. Gli do 50 centesimi, ringraziandolo, ma dentro di me anche bestemmio un pochino. Penso a dove legarla. Sembro babbo natale versione pappone, col cappotto da gangster, il berretto di lana azzurro, e 4 sacchi pieni di cose indefinite. Me ne da un'altra e insiste che io la tenga senza che gli do altri soldi. Insiste proprio. Adesso sono come una bidella che tira il carrello, con tutti i sacchetti dell’immondizia, di tutte le classi della scuola. Lo ringrazio lui mi da la mano e mi saluta e si gira nel suo buio. sotto l'albero.

Vado in giro per Berlino per delle ore conciato in sta maniera pieno di borse di verdura.

La cena con gli amici.. un successone.

E non vi immaginate neanche la zuppa di foglie di cavolfiore che sta ribollendo in cucina da qualche ora.

Spero di non offendere l’istinto carnivoro del mio coinquilino, per il resto è tutta salute. Salute Sostenibile.

NON BUTTATE VIA LA ROBA DA MANGIARE

Grazie delle foglie!


Galeb.

venerdì 15 novembre 2013

Pazienza...

Pazienza, nella vita ci vuole pazienza. Se uno ha un obiettivo, gli servirà tanta pazienza per raggiungerlo. Se uno non ce l’ha, avrà bisogna di ancora più pazienza per aspettare che finisca tutto. Ogni tanto quando vedo una persona capisco la storia dell’obiettivo, se c’è o no. Ogni tanto no. Se c’è una cosa nella quale mi esercito molto a Berlino è ad avere pazienza. Bisogna avere pazienza che qualcuno si svegli, bisogna avere pazienza quando gli altri non camminano al tuo ritmo. Pazienza per i mezzi pubblici. Pazienza per il proprio turno di suonare ai mercatini. Pazienza per ogni cosa. Forse ,prima di Berlino, mi consideravo una persona paziente. Ora so di dover imparare.

C’è quest’uomo che sta sempre là, con i gomiti appoggiati al cestino della sua bici, si guarda attorno. Ogni tanto prende la bici, fa dei giri che variano da 10 minuti, a, il giro del piazzale. Il cestino della sua bici è in realtà una di quelle cassette di plastica per le birre in bottiglia, credo da 12 bottiglie. È grosso. Ma non grasso, anzi. È un omone della Germania est che in qualche modo dev’essere rimasto legato al fatto del muro, la libertà e tutto il resto. O magari non gliene può fregar di meno. Sta solo là per i turisti.

In Germania, in quanto paese ,per certi versi, civile, c’è un rimborso per le bottiglie di vetro e di plastica. A Berlino, capitale universale della bambagia incontrollata collettiva e ogni tanto schizzofrenica, la raccolta delle bottiglie è un grosso business. Credo ci siano molte famiglie che portano a casa un mezzo stipendio in bottiglie raccattate da chi “fa festa” o solo dagli angoli di ogni strada. Di regola qua si lasciano le bottiglie vuote appoggiate su qualunque contatore/estintore/scalino/crashsbum!!! Ci sono vetri rotti ovunque. Ovunque.
La sua faccia è definibile strana, è tutta rossa ed è pieno di strani foruncoli. Magari è malato e non si può muovere un gran che, ma per il resto non pare. Poi se hai cose strane non mangi currywurst e noodles. Magari si. Ogni tanto si gira verso di me, quando c’era Gaia forse preferiva guardare lei, tra i due… si gira,sorride, e annuisce con la testa, ogni tanto alza le mani come per applaudire, facendole ricadere subito sotto al mento. Si guarda attorno.  Aspetta paziente.
Un gruppo di ragazzi arrivano assieme al tramono all’east side gallery di Berlino. Un posto pieno di energia, di storia, di vibrazioni. Forse quelle vengono dallo Yaam,il club afro reggae in fondo al fiume..forse loro sono diretti la. Bevono birra e bestemmiano e sbraitano come solo gli inglesi ubriachi sanno fare, passano di fianco a un uomo in piedi, piegato sulla sua bici con le mani sotto al mento che aspetta. Uno si gira, indica l’uomo, bestemmia qualcos’altro in britannico e poi vedi l’uomo che gli si avvicina al suo ritmo lento. Braccia aperte. Sta per… no. Gli danno tre bottiglie. Ringrazia e si gira lasciandoli alle loro bestemmie. A  lui l’inglese non interessa.  Il cestino è pieno. Sale sulla bici. Sarà di ritorno al massimo in 10 minuti. Lui è sempre la. Paziente.

Quest’uomo credo al momento di poter ufficialmente dire che è IL MIO Più GRANDE FAN! Credo  non ci sia nessuno che ha visto tanti concerti di GalebandtheSeagull quanti lui, se si conta che per tutta l’estate eravamo la, davanti a lui almeno 2,3 volte a settimana. Ci siamo salutati forse 5 volte. L’ultima volta gli ho regalato un disco con un inchino, perché ho dei problemi con il tedesco.

Credo gli piaccia la nostra musica.

 A modo suo.


Ce l’ha dimostrato.

 Galeb.

martedì 12 novembre 2013

“I’m writing it down” and I’m writing it all. penso e ripenso a questa frase da tempo, l’ho scritta assieme a Gaia, in una canzone che un giorno vi canterà.” The coming home blues”.

Ma non è vero! Quello che scrivo non è tutto!, non è mai tutto, è sempre solo una piccolissima parte di un flusso di pensieri, cose persone e oggetti e verbi e congiunzioni e accenti che si incontrano descrivendo una situazione, spesso in maniera incompleta. Ma questo è giusto. Stiamo parlando di musica, quindi, lasciamo spazio all’immaginazione, e lasciamo dubbi aperti. Quando si scrive una canzone alla fine si crea un percorso a indizi che chi ascolta  farà alla propria personalissima maniera! 

Questo perché fin’ora ho scritto solo canzoni. E se scrivessi qualcos’altro? La ,magari, potrei scrivere giù tutto. Magari non ho un bel niente da scrivere.

Ultimamente mi sono fatto un nuovo amico, si chiama Abasse from Senegal West Africa o perlomeno è così che si presenta ogni qualvolta suona al mercatino qua a Berlino. Siamo in tanti la e quest’estate eravamo anche di più. Tutti amici, perché siamo la, suoniamo. Gli uni degli altri sappiamo solo questo, suoniamo la ogni martedì e venerdì. Ma si sa come vanno le stagioni, la gente va e viene. Abasse è sempre la. Canta senza microfono. La sua voce è così potente che riesce a farsi sentire forte e chiaro per decine di metri IN MEZZO A UN MERCATO! Me lo immagino con i rasta coperti di neve che canta  a-b-c!!! one-two-three!!! Con un enorme sorriso bianco, e i bambini, anche loro coperti di neve, che come al solito dondolano in totale stato di trance da musica africana cadendo ogni tanto rovinosamente davanti o su Abasse! Mi viene da ridere.

È quasi l’alba, ho gli occhi aperti, il freddo della notte fischia in una fessura della vecchia finestra, sono pronto, mi vesto e vado. Tutto è pronto per andare a scuola.. prendo una bottiglia d’acqua dal tavolo e sgattaiolo fuori di casa. Fa ancora buio. Corro in fondo alla strada, a destra, poi a sinistra, diritto per 5 minuti, vedo un bagliore davanti tra le case, sono le ultime 2. Le oltrepasso,  davanti a me c’è una collina, e dietro… … corro su, rischio di ammazzarmi a più di un salto. Arrivo in cima. Ce l’ho fatta! Ho trovato il giorno! La luce! Prima degli altri! Mio nonno, come fanno i nonni, mi ha insegnato che “nella vita uno può tutto, basta crederci” . ma in realtà non sono un patito di albe, l’alba non è altro che uno degli elementi che mi aiutano a purificare il momento, come il silenzio, l’assenza di vento. Batto le mani. L’eco è travolgente, sento la valle che crea dei ritmi complessi rimandando il suono delle mani da un angolo all’altro come giocando a pallavolo. Questo è il mio posto magico. Sono su uno strapiombo di centinaia di metri, che fa da trampolino al suono delle mie mani, lanciandolo in una specie di colosseo naturale. Qua sono un leone. Sono spirito. Inspiro, espiro, guardo una vetta, lentamente dalla mia gola esce un sottile lamento, basso, sofficie. Spingo avanti, sempre di più. Vedo la strada da percorrere, la prendo, è quella giusta, la melodia comincia ad uscire dalla mia voce, canto!!! Quando canto sono un guerriero, come unica arma il suono della voce.  Lo faccio ogni mattina, vengo qua,  e mi esercito. Quando sarò grande, la gente verrà per sentirmi cantare le canzoni che mi hanno insegnato le montagne.

Abasse canta canzoni in senegalese, e ora sostiene di averne una in tedesco…ma perché no. È un anno e mezzo che suona regolarmente al mercato 2 volte alla settimana.  Quando tocca a lui qualsiasi situazione meteo si trasforma in Africa, e noi, che abbiamo la fortuna di vederlo suonare ci nutriamo dell’energia di quella terra di leoni e diamanti.

Ogni tanto, durante qualche istante di qualche sua canzone,

mentre canta davanti a 100 persone o magari 5,


forse gli ho visto negli occhi il riflesso della valle.  

(Abasse Ndiay)  --  http://www.youtube.com/watch?v=VSKdUqZ5MXw  check on souncloud

Galeb.