Quando ero piccino volevo suonare la chitarra.
Quando ho imparato a suonare la chitarra mi chiedevo come
fosse possibile scrivere una canzone.
Fu così che, bevendo un caffè al bar, ho conosciuto una
persona che, con la sua borsa da calcio in spalla, mi ha cambiato la vita per
sempre, dandomi l’input di cui avevo bisogno per trasformare la massa informe
di informazioni contenute nella mia mente in accordi, parole e melodie.
Quando ho imparato a scrivere una canzone, mi chiedevo come
fosse possibile trasmettere emozioni. E la risposta è: bisogna viverle, devono essere forti, ma soprattutto, SINCERITA’.
Crescendo con mio padre sempre attivo ai fornelli di casa,
nonostante l’enorme mole di lavoro pendente sulle sue spalle al di fuori delle
mura domestiche, ho scoperto che la cucina è prima di tutto amore, poi sincerità,
poi sacrificio, socialità ed infine gusto.
Allora ho deciso di
diventare un cuoco. Volevo fare del bene alle persone, e l’ho fatto, ma l’energia
non si crea, si trasferisce. Ed è così che, nel bene, ho finito col farmi del
male.
Poi un giorno la gente ha cominciato a farmi questa domanda:
“ma tu, perche vuoi fare il cuoco?” . Me l’hanno fatto in Nuova Zelanda, me l’hanno
fatta in Australia, me l’hanno fatta a Parma, a Barolo ed infine a Trieste. Ogni
qualvolta dovevo rispondere a questa domanda, la risposta andava complicandosi
e diveniva sempre più confusa e astratta. L’ultima volta che un buon amico mi
ha fatto questa domanda la risposta è stata: “non ne ho la più pallida idea! Ma
intanto passami quella cazzo di salsa sennò la fuori succede il finimondo e
finiamo col rovinare la reputazione del ristorante, questi ci mangiano vivi !!”.
Amo parlare con la
gente. Amo guardare la gente negli occhi. Amo sentire l’energia che unisce le
persone in un unico nucleo, fatto di emozioni pure (non per forza allegre e
spensierate), vibrazioni e sincerità. Amo suonare la chitarra, cantare,
parlare, trasmettere e ricevere.
Fu così che un giorno, grazie alla notizia improvvisa sulla
disponibilità di una camera a Berlino per 2 mesi, io e la mia sorellina, in
arte Galeb and the Seagull, siamo partiti alla conquista dell’ignoto, le strade
di Berlino, lei con il magnetismo che la contraddistingue, la sua vocina soave,
e il suo portamento naturalmente elegante, io con le mie creazioni e la mia chitarrina
rossa e un piccolo amplificatore a batteria. Sono stati 6 mesi di emozioni
forti, grandi scoperte, grandi amicizie, grandi fallimenti e grandi successi,
come del resto lo sono stati i 27 anni precedenti.
Ma questa volta è stato più forte, o forse sono io che sono
cresciuto, mantenendo però il sogno di volare.
Ho passato gli ultimi
4 anni della mia vita a cambiare vita, continente, amici, e abitudini ogni 6
mesi.
Fate voi il conto.
Ora sono stanco. Sono stanco di cambiare, sono stanco di
salutare (gli abbracci che ricevi dagli amici che lasci, con le lacrime
nascoste dall’orgoglio fanno male come la stretta di un pitone, a mio
vedere..), sono stanco di ricominciare, di reinventarmi e di essere frainteso.
Ho arato il terreno, l’ho concimato con quel che avevo, non
ho mai tenuto nulla per me, perché credo che la generosità sia la cosa che
contraddistingue l’uomo dalla macchina, il bene dal male.
Ho seminato, dove il terreno era fertile, e dove non lo era.
Ora so che è troppo presto per raccogliere i frutti di questo lavoro, perché come
mi insegna una vecchia canzone, “per fare il frutto ci vuole un fiore”. E i fiori
sono belli, sono colorati, profumati, saporiti!
Allora ho deciso di registrare “Picking Flowers”. Mi sono
seduto davanti al microfono, Deko ha
premuto REC, era il mio momento per tirare fuori, in un pomeriggio, tutto
quello che sapevo sui fiori, l’amicizia, la fantasia, la delusione, l’amore, la
speranza e la nostalgia.
“Picking Flowers” suona come le strade di Berlino, i bar di
Trieste, le colline piemontesi, la pianura padana, le cucine di mezzo mondo, la
campagna neozelandese, il mare croato, Melbourne ecc..ecc…
A quel punto per me cominciava una nuova vita. E chissà
forse non solo per me.
Quel giorno ho cominciato a raccogliere fiori e ho deciso di
non fermarmi fino a che non vedrò spuntare la frutta.
Magari un giorno avrò abbastanza frutta da mangiare e
riuscirò pure ad ingrassare di qualche chilo… che non mi farebbe male. Magari non
troverò la frutta nella musica. Magari si.
“Picking Flowers” è il frutto del lavoro di tante persone,
io ho fatto il meno, ho preso le emozioni e le storie, le ho filtrate
attraverso le mie dita e le mie corde vocali, e basta. Di tutti coloro che
hanno dato vita a questo piccolo grande lavoretto racconterò,
con la dovuta calma,
nei
prossimi post.
TO BE CONTINUED …
Galeb.